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Il dramma del tempo nella postproduzione


Quando si parla di creatività, è facile pensare ed attribuire questo termine alla fotografia e al cinema, specialmente al giorno d'oggi, grazie all'incessante evoluzione del digitale.

Queste due nobili arti (anche se dissacrate per mano dell'avido commercio) si basano su tre fattori fondamentali: tempo, spazio e luminosità (nella quale si può includere anche la crominanza, ossia la somma dei colori).

La luminosità rappresenta la distinzione, la brillantezza dell'immagine, sia essa fissa o in movimento. Lo spazio è l'ambiente in cui si svolge la scena immortalata dalla pellicola o, in digitale, dal sensore ed è caratterizzato dai piani di inquadratura e dalla loro profondità di campo (depth of field).

Ciò che crea più problemi, soprattutto nelle fasi di lavorazione (post-produzione) della fotografia, come del cinema (e ancor di più durante la giornata di ogni essere umano) è il tempo: questa “cosa” astratta, fonte di pensieri, processi vitali e disastri.

Nella fotografia e nel cinema, il tempo è una situazione dominante, poiché è l'artefice di successi e di danni irrecuperabili, quindi di un lavoro bruciato.

Ma le pellicole (o i sensori) si “bruciano” bene o male a prescindere, per dire he vengono impressionati, per merito o per colpa proprio del tempo, che domina, assieme agli altri parametri, l'esposizione e quindi la riuscita o meno delle immagini.

Fotograficamente parlando, il tempo ha la sua importanza sia in fase di scatto che in fase di sviluppo/stampa di una immagine, ai tempi in cui la pellicola aveva la sovranità assoluta. Con il digitale il tempo è rilevante solo in fase di scatto. È comunque sempre misurata in una frazione di secondi.

In fase di sviluppo e stampa dell'immagine, nota anche come post-produzione, il tempo si comporta in due maniere differenti: per la fotografia analogica, segue gli stessi princìpi di realizzazione dello scatto; per la fotografia digitale, il tempo è il padrone del successo su internet per lo scatto realizzato, specialmente se si tratta di uno scoop giornalistico...

In ambito cinematografico, ci si complica maggiormente la situazione: le immagini sono in movimento peraltro sincronizzate con il suono, che deve combaciare.

Il tempo influenza le classificazioni dei film, in base alla durata: cortometraggio, mediometraggio, lungometraggio. E si rivela soprattutto un flagello per chi lavora in postproduzione.

Può succedere (anche nei film dei migliori registi) che non vi è la giusta sincronizzazione tra una inquadratura e l'altra (le posizioni e i movimenti degli attori), oppure bisogna convertire le riprese in un formato video diverso da quello registrato, che è la situazione più ricorrente, soprattutto per le produzioni indipendenti.

Dunque, vien da dire che il tempo è la pecora nera di ogni situazione, perché implica queste maledette attese infinite, ritardando la presentazione del film, con tutte le sue conseguenze. E nel frattempo che si aspetta, può succedere che si può uscire a prendere un caffè con una ragazza conosciuta in chat (durante l'interminabile attesa), e magari, chissà, ci si lascia trascinare dalla passione.

E così va a finire che, mentre la fotografia è un istante per cogliere una situazione unica e portarla subito agli occhi del pubblico, il cinema richiede più pazienza. E nel frattempo ci vuole comunque passione, per rendere immortale ogni attimo che passa.

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